
Il titolo di un libro tradotto
Chi è che decide del titolo di un libro
Mi è successo spesso che mi chiedessero come avevo deciso di tradurre il titolo di un libro. Se l’avessi scelto io. Che cosa ne pensassi. Quel che si voleva sapere alla fine era insomma chi è che decide del titolo di un libro. Punto.
Generalmente la cosa non è così semplice ma neanche così complicata. È una trattativa che vede coinvolte diverse persone e che deve avere l’ok di tutti. In primis, ovviamente, dell’autore.
Cosa succede con i libri italiani
Succede anche con i libri non tradotti: l’autore di solito fa una proposta, che però è aperta alla discussione di tutti coloro che lavorano sul libro (agente, editor, editore,…). Funziona un po’ come la copertina perché il titolo, come appunto la cover, è il biglietto da visita del libro. E deve fare i conti quindi con IL MERCATO.
Com’è giusto che sia, l’autore si preoccupa di scrivere un libro che risponda ai suoi obiettivi e alle sue idee, tralasciando aspetti più “commerciali” che invece per forza di cose l’editore deve avere presenti. Perché se è vero che un libro deve essere un prodotto culturale non preconfezionato per il pubblico, deve pur arrivare a quel pubblico ed essere letto.
Perché so queste cose
Ho la possibilità di dire tutte queste cose perché ho lavorato all’interno di un paio di case editrici, abbastanza piccole per avere a che fare con questo tipo di decisioni anche se non era esattamente il mio ruolo prenderle.
Mi sono trovata a discutere in redazione del titolo più adatto a un libro e spesso ho dovuto io stessa confrontare le persone coinvolte e arrivare a un accordo.
L’esempio di un titolo che ho cambiato
Quando ho tradotto il mio primo libro di Sorj Chalandon (qui la storia di come mi ci sono imbattuta) mi sono trovata di fronte a un titolo che andava cambiato: Retour à Killybegs, alla lettera “Ritorno a Killybegs”. Il romanzo racconta di un combattente dell’IRA che, durante una scioccante conferenza stampa e in modo assolutamente inaspettato, di essere da 20 anni al soldo dei servizi segreti britannici. Killybegs è il paesino irlandese di cui è originario e nel quale torna ad aspettare la morte.
Perché non funzionava
Il titolo originale presentava un doppio problema:
- I nomi di città (a meno che non siano Parigi, New York, Londra,…) non funzionano granché per il pubblico italiano. Mi è successo di cambiare un altro che si intitolava Sollicciano, che è un paesino italiano in provincia di Firenze dove ha sede un carcere, che oltre che essere sconosciuto, stava su un libro scritto da una francese (e gli stranieri che parlano di noi vengono visti con diffidenza) e sembrava avere dentro un qualche errore di battitura (due “l” e due “c”? davvero?)
- Il nome è inglese e l’autore francese: il pubblico italiano non compra un francese che parla di Irlanda, ma un francese che parla di Francia o un irlandese che parla di Irlanda, ve lo posso assicurare. Per i francesi il problema non si poneva perché Chalandon è una firma conosciutissima di Libération, per il quale è stato corrispondente dall’Irlanda per 30 anni.
Come ho risolto il problema
Quello che stavamo cercando, su indicazione ovviamente dell’editore italiano (Keller), era un titolo più accattivante. Il libro di Sorj Chalandon è molto potente, con dentro un grande carico emotivo (la storia raccontata è vera, e a tradire è stato uno dei migliori amici dell’autore). Era già stato pubblicato un libro dello stesso autore anni prima e con scarso successo, quindi serviva qualcosa che introducesse l’autore in Italia.
Si dà il caso che il libro sia pieno zeppo di frasi bellissime, evocative e forti, di quelle che starebbero bene su una maglietta e che è davvero difficile non sottolineare durante la lettura. Ecco perché “Ritorno a Killybegs” è diventato “Chiederò perdono ai sogni”.
Completamente diverso, sì. Ma rispettava la “qualità”, l’identità del libro e gli faceva onore e rispondeva alle necessità espresse dall’editore.
In tal caso quindi la proposta della traduttrice è stata accolta dall’editore, la casa editrice francese ne è stata informata e insieme all’autore l’ha approvata.
Gli altri titoli dello stesso autore
Come potete vedere invece gli altri titoli sono rimasti inalterati: Le quatrième mur è diventato La quarta parete (non è muro perché si tratta di un termine teatrale, che appunto in italiano è parete); e Profession du père è diventato La professione del padre.
E quell’articolo?
Esatto! Nell’edizione italiana del romanzo di Chalandon è stato aggiunto un articolo: LA professione del padre. Un articolo che in verità io non avevo messo.
Nel caso specifico, non è stata una mia scelta. Non me n’ero neanche accorta onestamente, fino a pochi giorni fa, quando ho messo mano al curriculum e alla lista di libri tradotti e mi sono accorta del cambiamento.
Da un punto di vista squisitamente di traduzione si tratta di un’imprecisione: il romanzo racconta dell’infanzia di un bambino (l’autore, ahimè) insieme a un padre molto problematico, che lo incarica e addestra per l’uccisione di De Gaulle. Sul modulo che ogni anno il bambino deve riempire all’inizio della scuola, alla voce “professione del padre”, la risposta è sempre diversa e sempre assurda: “paracadutista”, “pastore metodista”, “spia”,…
La professione del padre vs Professione del padre
Volendo essere quindi fedeli al titolo originale, avremmo dovuto omettere l’articolo. Perché mettendolo si allarga il senso a quello che è invece il mestiere dell’essere genitore.
Non si tratta ovviamente di una modifica sostanziale, né di un problema che possa travisare il titolo dell’opera o cambiarne la lettura. Ma è pur sempre un piccolo slittamento che un traduttore non può fare a meno di notare.
E ora?
Oggi comincerò a tradurre il nuovo romanzo di Sorj Chalandon: LE JOUR D’AVANT
Chissà come si intitolerà in italiano…

Sono una figlia di papà

Sorcières - Streghe di Mona Chollet
Potrebbe anche piacerti

8 marzo 2019
8 Marzo, 2019
“Lungo la via incantata” di William Blacker
18 Febbraio, 2019
Un commento
Pingback: